In memoria di Franca Ongaro Basaglia (13 gennaio 2005 – 13 gennaio 2025)
A vent’anni dalla morte di Franca Ongaro Basaglia, alcuni estratti dalle radici del suo pensiero.
Congedo (1980)*
Ora che la mia lunga lotta con e contro l’uomo che ho amato si è conclusa, so che ogni parola scritta in questi anni era una discussione senza fine con lui, per capire, per farmi capire. Talvolta era un dialogo. Talvolta l’interlocutore svaniva e io restavo sola sotto il peso di una verità che si riduce ad un’arida resa dei conti con il bilancio in pareggio, se l’altro non la fa anche sua.
E allora si ripropone il vecchio problema: con l’amore e la sottomissione, il servo ha mai convinto il padrone dell’ingiustizia di un dominio che questi ritiene naturale? Ma c’è ancora stata un’uguaglianza vera, nata dalla ribellione dei servi dell’uccisione del padrone?
Il no gridato che la donna spesso, nei fatti contraddice per amore o per viltà, è l’utopia di un rapporto che per ora si realizza solo nel conflitto. Come l’utopia dell’uguaglianza si realizza nella lotta per raggiungerla. Ma mentre il servo non ha bisogno dell’adesione del padrone, quando l’uomo rifiuta il conflitto che la donna nuova porta con sé, l’utopia si realizza solo nella sua rottura. Ed è un mestiere duro vivere in bilico fra utopia e realtà, fra no e sì, fra difese, rifiuti e cedimenti – sull’orlo della resa totale – con la coscienza di una verità che non esiste se non è divisa. Ci aspetta sempre al varco l’alternativa assoluta di un mondo separato: io esisto se non esiste l’altro, l’altro esiste se non esito io. Così come il dominio continua a imperversare finché c’è chi non ha potere.
In questi anni la donna sta dimostrando di bastare a sé, ma che farsene di una libertà vuota, se non c’è modo di misurarsi con ciò che ci è diverso? Non è la logica già attuata dall’uomo che, pur nel dominio, ha mascherato questo confronto come un peso e non una necessità?
Il sale della terra è la diversità: è il conflitto che dalla diversità deriva a dare senso e vita. Lo sanno meglio i servi che la vita viene dal conflitto: se non si muore si guadagna. Per i padroni il conflitto è noia: la noia di prevedere i mezzi di difesa e di attacco di volta in volta escogitati e di affrontarli per ridurne la forza e gli effetti. Il conflitto nasce da esigenze ritenute innaturali, che a poco a poco prendono forma, occupano spazio e tempo, conquistano parole, si impadroniscono di gesti, invadono la realtà e si impongono con la forza del nuovo.
Appena nate queste esigenze sono sgradevoli, antipatiche, aggressive, perché non esiste uno spazio che possa contenerle e che sia previsto per loro. Sono di troppo ovunque e si presentano con la faccia del gratuito. Poi, se vincono, trovano col tempo uno giustificazione e lentamente entrano a far parte del mondo naturale e umano.
Le voci delle donne sono ancora stridule, aspre e stonate perché lo spazio personale e sociale lo stanno trattenendo con i denti. È una difesa del poco conquistato che continua, estenuante, a volte miserabile. È questo poco rispetto all’utopia del tutto che potrebbe essere, che pone in tentazione: la tentazione aristocratica della generosità della madre che abbraccia, accetta e contiene tutto, che soffre della sofferenza che può fare sfuggendo al suo posto anche quando ne è cacciata. Ma non potrebbe essere la grande tentazione di Lucifero, nel ritenersi – nonostante tutto – più forte?
Io l’ho sempre sentita questa tentazione e l’ho confusamente mescolata con le mie difese, con le mie misere conquiste, con i miei feroci giudizi e le mie accuse; talvolta vanificandoli. Ora non so se voglio che sparisca in un’uguaglianza arida e matematica di diritti e doveri; anche se so che a lungo si continuerà a scontrarci contro il muro dell’ovvio-naturale. Ma senza questa tentazione sotterranea, che mi fa essere insieme combattiva e rassegnata, vittoriosa e sconfitta, mi sentirei monca, amputata, incoerente con me stessa e con il mondo che vorrei, privata di uno dei miei modi di esprimermi, di uno dei miei modi di essere donna.
*Franca Ongaro Basaglia, Una voce – Riflessioni sulla donna, Il Saggiatore, 1982